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La tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori è la patologia dolorosa di più frequente riscontro in un ambulatorio di chirurgia della spalla dopo la lesione di cuffia dei rotatori. Essa è determinata dalla presenza di un deposito di ossalato di calcio isolato o multiplo, all’interno del tendine o della borsa subacromiale. In quest’ultimo caso si viene a determinare una fase acuta, che determina una vera emergenza, in quanto il paziente si reca spesso in pronto soccorso per un dolore di spalla refrattario al trattamento farmacologico con i farmaci anti-infiammatori di più comune impiego. Nel 20-30% dei casi il deposito è localizzato bilateralmente.

La definizione di tendinite calcificante è da preferire a quella di tendinopatia calcifica, perchè descrive meglio la caratteristica essenziale della patologia, sia da un punto di vista istopatologico, che clinico, ovvero l’evolutività e il continuo mutare della natura della patologia, nonché il principio per cui la calcificazione è l’espressione e non la causa della patologia. Spesso la clinica è determinata non esclusivamente dalla presenza della calcificazione, ma dalle complicanze legate dell’evoluzione e cronicizzazione della patologia: lesione osteolitiche, lesione della cuffia, rigidità capsulare, borsite.

Il deposito calcifico è il risultato di un processo cellulo-mediato e spesso multifocale e attraversa vari stadi6. La tendinosi calcifica rappresenta la causa di consultazione del10% della popolazione che si rivolge all’ortopedico per una sintomatologia dolorosa a carico della spalla.

Il riscontro in soggetti asintomatici può interessare nel 2,7% della popolazione. Le donne sono generalmente più colpite, specie in età compresa tra i 40 e i 50 anni. Il riscontro di forme bilaterali è descritto nel 10% dei casi.

Eziopatogenesi

L’esatto meccanismo della formazione e deposizione dei cristalli di calcio all’interno del tendine non è noto e si presta a svariate speculazioni scientifiche.

Si distinguono tre stadi nella storia naturale della patologia: fase formativa o pre-calcifica, fase di stato o calcifica e fase della risoluzione o post-calcifica. Queste investigazioni lascerebbero pensare alla tendinopatia calcifica, come ad un processo cellulo-mediato.

Il primo stadio precalcifico è determinato dalla metaplasia, o trasformazione del tessuto tendineo in tessuto fibrocartilagineo. Questa fase è raramente sintomatica. Ad essa segue lo stadio calcifico, che consiste in una fase di formazione o riassorbimento della calcificazione, che è caratterizzata dall’infiltrazione di fagociti (macrofagi) da edema tessutale e dall’incremento della pressione all’interno del tendine, che possono determinare un vero attrito subacromiale. Lo stadio post-calcifico è caratterizzato dal riassorbimento della calcificazione e dalla cicatrizzazione del tendine. Disordini della tiroide (tiroxina) o del metabolismo degli estrogeni possono essere correlati all’insorgenza della malattia, come pure il diabete insulinodipendente, così che si possono distinguere due forme:

  • idiopatica
  • secondaria a disordini endocrini

Non è noto come fattori endocrini o istologici possano influenzare l’evoluzione della patologia. Nel caso del diabete, nella forma insulino-dipendente, una correlazione è riscontrabile nel 31% dei casi ed è correlata alla durata del trattamento insulinico.

Gli aspetti patogenetici evidenziano una glicosilazione della matrice extracellure tendinea dei pazienti diabetici.

Aspetti clinici

La storia naturale della patologia riconosce tre fasi cliniche distinte: fase acuta, subacuta e cronica.

La manifestazione clinica principale della tendinopatia calcifica il dolore associato o meno alla restrizione improvvisa o progressiva del movimento.

Il dolore acuto è spesso associato all’insorgenza della patologia, tuttavia la presenza del deposito calcifico nella cuffia può essere asintomatica nel 20% dei casi.

Lo spasmo muscolare, l’infiammazione della borsa subacromiale (borsite) e del capo lungo del bicipite sono fattori determinanti nella sintomatologia.

Sebbene il dolore sia nella maggioranza dei casi, associato alla fase acuta della patologia, non esiste una sicura correlazione tra la sintomatologia e la fase della patologia o la grandezza della calcificazione.

Episodi di dolore acuto sono infatti spesso correlati a riacutizzazioni della tendinopatia cronica o all’insorgenza di non rare complicanze legate all’evoluzione della malattia quali: la capsulite adesiva, la lesione della cuffia dei rotatori, la patologia del capo lungo del bicipite, l’osteolisi del trochite. La scelta delle opzioni terapeutiche deve essere considerata in base alla fase clinica della patologia e all’aspetto radiografico o ecografico.

Aspetti radiologici

Radiografia

L’esame radiografico rappresenta la metodica principale ed elettiva nella diagnosi e nel follow up della tendinosi calcifica della cuffia dei rotatori perché consente lo studio della localizzazione della calcificazione, la sua consistenza e la morfologia.

Ecografia

L’esame ecografico è un’indagine fondamentale nell’approccio diagnostico alla tendinopatia della cuffia e nel trattamento della tendinosi calcifica in fase acuta; uno strumento indispensabile quando si pratica il needling eco guidato, aumentando l’efficacia del trattamento.

La calcificazione appare come una formazione iperecogena più o meno regolare e definita all’interno del tendine o della borsa subacromiale. La caratteristica dell’anisotropia dell’ecografia rende necessaria una corretta inclinazione della sonda ecografica per evitare di confondere la calcificazione con la normale rappresentazione ecografica del tendine. L’utilizzo dell’esame ecografico con color doppler consente di valutare la morfologia e la vascolarità del deposito calcifico e predire se si tratta di una fase di formazione o di riassorbimento.

RMN ( risonanza magnetico nucleare )

La Rmn non è un esame necessario nella diagnosi della calcificazione. La calcificazione appare come un’immagine a bassa intensità di segnale nelle sequenze di Rmn pesate in T1. Un aumento dell’intensità di segnale come espressione di edema, all’interno o intorno al deposito calcifico o nella borsa subacromiale, può essere osservato nelle sequenze pesate in T2, nella fase di riassorbimento (resorptive). La sua accuratezza nell’individuazione del deposito calcifico è pari al 95%, tuttavia, è un esame utile esclusivamente nello studio delle patologie correlate alla tendinosi calcifica, specie cronica: lesione della cuffia, capsulite adesiva, osteolisi del trochite.

Diagnosi Differenziale

Molte patologie entrano in diagnosi differenziale clinica e/o strumentale con la tendinopatia calcifica: frattura del trochite e fratture della glenoide (immagine)

  • artropatia neurogena
  • amiloidosi
  • condromatosi artrosi
  • lesioni di cuffia
  • patologie neoplastiche
  • artropatia da microcristalli
  • ossificazioni

In particolare nelle fasi acute, associate generalmente alla rigidità, occorre differenziare la rigidità contestuale alla tendinosi calcifica, dalla capsulite adesiva e dalla rigidità secondaria a lesione della cuffia dei rotatori. Nelle forme croniche associate a osteolisi del trochite, all’imaging occorre differenziare le calcificazioni distrofiche con osteolisi della corticale del trochite, da forme in cui l’interruzione della corticale è provocata da forme tumorali.

Principi di trattamento

Trattamento Conservativo

Il trattamento della tendinopatia calcifica è inizialmente conservativo e nel 9% dei casi la risoluzione della sintomatologia e la scomparsa del deposito calcifico sono spontanee.

Il trattamento conservativo rappresenta la prima opzione di trattamento nelle forme di tendinosi calcifica associata a dolore acutoe in quelle non complicate da lesioni tendinee associate. Una risoluzione dei sintomi può essere osservata nel 90% dei casi.

Le tipologie di trattamento conservativo più comuni sono rappresentate da:

  • Fans
  • Terapia antalgica
  • Terapia fisica: laserterapia, ultrasuoni, ionoforesi con EDTA
  • Iniezione bursale di steroidi
  • Onde d’urto

Lo scopo del trattamento conservativo è quello di risolvere il dolore della fase acuta, causato dall’infiammazione tendinea e della borsa subacromiale, dall’aumento della pressione intratendinea, dallo spasmo muscolare di difesa. Non secondaria è l’importanza della prevenzione e del trattamento della rigidità conseguente alla fase acuta con l’ausilio di un adeguato protocollo riabilitativo. L’iniezione di steroidi nella borsa subacromiale, sebbene sia spesso risolutivo nel trattamento del dolore, in una fase acuta, può influenzare positivamente, invariabilmente o negativamente arrestandolo, il processo di riassorbimento della calcificazione.

Nella maggior parte dei pazienti, la fase di dolore acuto si risolve spontaneamente in alcuni giorni. Pertanto in queste forme è necessario ridurre il dolore e l’infiammazione con i Fans o la terapia fisica. Il risultato del trattamento conservativo deve essere monitorato con la radiografia convenzionale e l’esame ecografico a distanza al fine di verificare l’eventuale scomparsa del deposito calcifico o la sua persistenza.

La terapia fisica si avvale di: ultrasuoni, laserterapia, onde d’urto.

In particolare quest’ultimo trattamento introdotto negli anni ‘90, con successo nel trattamento di alcune patologie come i ritardi di consolidazione ossea e l’epicondilite laterale di gomito si è dimostrato efficace e alternativo al trattamento chirurgico, anche nella tendinopatia calcifica della cuffia, sebbene, in casi selezionati. A scopo medico vengono normalmente utilizzate onde d’urto con una potenza variabile tra 0,001 e 0,4 mJ/mm.

Il meccanismo di azione delle onde d’urto nella tendinopatia calcifica non è ben definito. La cavitazione o la frammentazione della calcificazione sono i due effetti principali delle onde d’urto.

Molti Autori hanno riportato ottimi risultati nel trattamento della tendinopatia calcifica di cuffia mediante onde d’urto a bassa e alta potenza.

Lavaggio percutaneo e aspirazione (needling)

Il lavaggio bursale percutaneo consiste nella puntura e aspirazione della calcificazione in anestesia locale. Questa tecnica fu introdotta nel 1978 e si avvaleva dell’ausilio della fluoroscopia, successivamente Farin introdusse nella tecnica la guida ecografica.

Lo studio preliminare della spalla in ecografia, consente la diagnosi di patologie correlate come la borsite e la lesione della cuffia e la localizzazione e profondità della calcificazione.

Il paziente viene collocato in posizione semiseduta. La procedura viene realizzata con uno, o due aghi, con diametro variabile da 15 a 22 gauge. Viene praticata un’anestesia percutanea locale e successivamente, sotto guida ecografica, con due aghi si realizza un sistema inflow e outflow che consente di eseguire un lavaggio bursale con soluzione fisiologica a temperatura ambiente o calda91, la puntura del deposito calcifico e occasionalmente l’estrapolazione della calcificazione: si assiste alla fuoriuscita del materiale calcifico nel 30% dei casi.

Risultati migliori sono descritti in calcificazioni voluminose e superficiali e in fase formativa, quindi di consistenza morbida.

La metodica è controindicata nelle rigidità secondarie e nella capsulite adesiva ed è sconsigliabile nelle calcificazioni inferiori a 1 cm in fase cronica.

L’aspirazione o lavaggio bursale può essere seguita dal trattamento percutaneo con onde d’urto. Risultati positivi a breve e lungo termine sono riportati in una percentuale variabile dal 28% al 76% dei casi. Nel nostro centro di Cattolica abbiamo riportato risultati sovrapponibili ai dati della letteratura internazionale. La nostra esperienza si basa su oltre 3500 procedure eseguite dal 2006 ad oggi.

In studi con follow-up maggiori, risultati soddisfacenti sono riportati nel 60-80% dei casi, con scomparsa del 60% della calcificazione nel restante 28% dei pazienti.

Trattamento chirurgico

Il 10% dei pazienti affetti, non ha alcun miglioramento della sintomatologia con il trattamento conservativo. La chirurgica artroscopica rappresenta il trattamento risolutivo, ma in casi selezionati, della patologia calcifica cronica, in quanto consente la rimozione del deposito calcifico e il trattamento di patologie che ad esso sono correlate: la lesione della cuffia dei rotatori, l’instabilità gleno-omerale, la patologia del capo lungo del bicipite, l’osteolisi del trochite.

La calcificazione può essere una causa intrinseca di lesione della cuffia. L’assottigliamento tendineo, l’accumulo di tessuto di granulazione, la riduzione della vascolarizzazione periferica del tendine e la presenza di un deposito calcifico distrofico sono alterazioni età correlate che possono determinare la lesione della cuffia. Il trattamento chirurgico è generalmente indicato nelle forme croniche, nodulari con o senza osteolisi e nei casi in cui il trattamento conservativo delle forme acute non abbia dato alcun miglioramento clinico.

La risoluzione del dolore dopo l’intervento chirurgico è tuttavia lenta. Non tutti i pazienti hanno un’immediata risoluzione del dolore. A tre mesi di follow-up postoperatorio solo il 15% dei pazienti ha una risoluzione dei sintomi.

Il paziente deve pertanto essere informato della necessità di un periodo di attesa prima della risoluzione del dolore.

La necessità di rimuovere completamente o parzialmente la calcificazione è controversa.

La rimozione completa della calcificazione sia associata a risultati clinici migliori al follow-up.

La necessità di eseguire l’acromionplastica in associazione alla rimozione del calcio, è dibattuta.

Nella nostra esperienza ci sembra di potere affermare che possa essere utile la sutura artroscopica in caso di residua lesione tendinea.

Tale gesto chirurgico permette una FKT più precoce, cercando di prevenire in futuro un’ eventuale recidiva di rottura della cuffia.

Nella terapia chirurgica, in letteratura, i risultati positivi sono del 70-90%, anche se il periodo di convalescenza è maggiore rispetto alla terapia incruenta (in media 3 mesi).

La rigidità rappresenta la complicanza più frequente dopo il trattamento chirurgico della tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori.

Può rappresentare il 9-15% dei casi. La presenza di sali di calcio liberati dall’asportazione della calcificazione, possono depositarsi sulla borsa e provocare una sinovite reattiva. Ma in molti casi la presenza di comorbidità come il diabete o le patologie della tiroide possono determinare la rigidità con lo stesso meccanismo patogenetico noto per la capsulite adesiva. Un programma riabilitativo precoce e un’accurata terapia analgesica possono prevenire l’insorgenza della rigidità post-operatoria.

La rottura della cuffia si verifica nel 4% dei casi.

L’osteolisi del trochite, può essere il risultato della penetrazione ossea a livello del trochite della calcificazione in continuità con i depositi intratendinei.

Tale lesione può erodere la corticale ossea della testa omerale e provocare un’area di rarefazione ossea.

All’esame radiografico i depositi calcifici sono sempre in continuità con le calcificazioni intratendinee.

Questa sindrome è cronica e resistente ad ogni forma di trattamento medico o fisioterapico pertanto la terapia chirurgica è di rigore in queste forme. Radiograficamente il materiale calcifico all'interno del difetto ha una densità maggiore rispetto all'osso circostante .

capsulite adesiva Sindrome algodistrofica recidiva della calcificazione: in letteratura è riportata un’incidenza fino al 16-18% dei casi

Conclusione

La tendinite calcifica della cuffia dei rotatori è una malattia polimorfa e spesso autorisolutiva: self healing.

Non riconoscendo, ad oggi, un’eziologia certa, la strategia vincente nel trattamento conservativo o chirurgico non può prescindere da un adeguato inquadramento clinico e strumentale, con indagini mirate.

Sebbene difficilmente correlabili, clinica e imaging, sono alla base della corretta strategia di trattamento, sia conservativo che chirurgico.

Il trattamento conservativo rappresenta la scelta ottimale nelle fasi acute. Il risultato clinico e radiografico può essere influenzato favorevolmente dall’utilizzo di metodiche come le onde d’urto o il lavaggio ecoguidato, che non pregiudicano il trattamento chirurgico.

La chirurgia, artroscopica, deve essere riservata alle forme croniche o che cronicizzano a seguito di infruttuoso trattamento conservativo e alle non rare forme di tendinopatia complicate da altre patologie chirurgiche: patologia del clb, rigidità, lesione della cuffia, osteolisi del trochite.

Non esiste, quindi, un unico trattamento medico e chirurgico superiore ad altri e la strategia vincente è quella di seguire le varie fasi ed adottare in quel preciso momento lo strumento più idoneo